Bisogna fare due importanti puntualizzazioni.
La prima è che il Rent to Buy non è semplicemente un contratto, bensì una complessa e delicata
operazione finanziaria, che ha la precisa finalità di agganciare l'acquirente ai parametri richiesti
dal mondo bancario per la concessione del mutuo.
Rappresenta pertanto una potente leva finanziaria che consente di generare il livello di equity
richiesto dall'entrata in vigore degli accordi bancari denominati Basilea 3.
La seconda puntualizzazione è che Rent to Buy è un termine che ha una valenza commerciale
e non giuridica. Non identifica pertanto un contratto, bensì una metodologia di acquisto graduale
di un bene immobile, che può essere realizzato utilizzando più di una tipologia contrattuale,
quali ad esempio il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione dell'immobile,
il preliminare collegato al contratto di locazione o il preliminare ad effetti anticipati.
Troviamo doverose queste precisazioni visto che in occasione della pubblicazione dell’art. 23
del Decreto Legge Sblocca Italia si è verificato un caso davvero eclatante di confusione mediatica.
Da parte di tutti i mass-media, con in testa Il Sole 24 Ore, è stata diffusa la notizia che è stato normato
il Rent to Buy, quando invece il decreto legge ha invece normato una nuova tipologia contrattuale
finalizzata ad incentivare lo sviluppo delle compravendite Rent to Buy.
Questa nuova tipologia contrattuale va pertanto ad affiancare e non a sostituire quelle preesistenti,
che rimangono tuttora legittime e largamente utilizzate.
Il Rent to Buy Originale è invece sempre stato normato, e continuerà ad esserlo, dal nostro Codice Civile
e dalle leggi sulle locazioni, essendo costituito da due contratti tipici tra loro collegati.
E non l'ha introdotto il Governo Renzi nel 2014, bensì Andrea Russo nel 2009.